L’isolamento non volontario che nostro malgrado abbiamo vissuto e subito in questo lungo periodo di pandemia ci ha messo di fronte, chi più chi meno, alla scelta “inconsapevole dell’asceta”, in uno stato di silenzio , di ascolto. Uno stato molto difficile.
Non potendo applicare le abituali modalità di scambio interpersonale, la nostra mente empatica ha trovato subito altri mezzi per identificarsi ed interagire con l’altro. Il più ricercato ed usato è stato ovviamente internet, un mezzo mai stato così affollato.
Ma le domande che dobbiamo porci sono: la connessione internet può portare a nuove connessioni interiori? Via etere il contagio emotivo è solo quantitativo o può diventare anche qualitativo?
E la pratica yoga attraverso uno schermo in modalità live cosa ci ha donato? Cosa ci ha insegnato?
Lo yoga vissuto attraverso un mezzo inusuale ha straordinariamente azzerato le distanze, la non-presenza, riuscendo a trasmettere spesso in modo sorprendente emozioni, sensazioni, il sentire comune, legando i partecipanti in una particolare affinità.
Paradossalmente giorno dopo giorno la pratica yoga nell’assenza di contatto fisico, ha riportato alla luce, intuizioni, osservazione, silenzio. Il corpo è ritornato ad essere uno strumento per un viaggio esperienziale verso una ricerca, l’azione del gesto senza obiettivo, senza confronto. L’apparente distanza ha riportato l’accento sull’ecosistema persona: mente-corpo-anima.
Nella nostra epoca di controllo, caos, rumore la grande sfida è il non fare. Non è facile mantenere acceso il fuoco interiore , mantenere la magia immaginativa di un bambino.
Ora l’esperienza vissuta in modalità internet ci ha dato la possibilità, superata la fase iniziale di paura e disorientamento, di ritrovare più facilmente la via della nostra ricerca interiore, il nostro ritmo, pur rimanendo in una dinamica quotidiana e non in un isolamento ascetico improponibile ai giorni nostri e così difficilmente attuabile nella nostra cultura occidentale.
Un effetto bozzolo, l’esperimento di un involucro protettivo all’interno del quale può avvenire una metamorfosi
C’è stata la riscoperta del rito. La ricerca del proprio spazio fisico nella casa, tra oggetti familiari, quell’angolo solo per lo yoga, solo per noi dove srotolare lentamente il tappetino.
Il silenzio dell’attesa, soli ma uniti da un linguaggio e una ricerca comune. Non ci sono state parole inutili sui mezzi pubblici affollati, corse per arrivare in tempo alla lezione, con la mente che va veloce verso il momento del rilassamento.
Così pian piano lo spazio fisico cercato, costruito con gesti sempre uguali è diventato il proprio spazio interiore. I gesti ripetitivi tra cose conosciute ci fanno riconoscere, ricordare. Il rito nella sua celebrazione pratica dà valore all’ascolto, alla presenza.
L’effetto bozzolo di internet, cambiare un’ abitudine consolidata, quindi , paradossalmente, sembra accelerare e semplificare la ricerca di una stabilità di ascolto.
Forse perché trapassa il mondo fluttuante della vita quotidiana?
E considerando che ci è impossibile stare sempre stabili è importante avere un punto di ascolto, riconoscere quando si è dentro o fuori. Un atto di cura verso noi stessi che protegge e fa vivere il nostro potenziale.
Senza dimenticarci che siamo esseri sociali ed empatici e che viviamo riconoscendoci nell’altro possiamo quindi dire che l’esperienza della pratica live via internet è stata e può essere funzionale perché ci riporta alla scoperta dell’intimità, verso nuovi ponti, nuovi progetti, nuove “connessioni”.
Jolanda Maggiora Vergano